
Nato nel 1910 in Pennsylvania, iniziò a comporre ancora bambino, perfezionando i propri studi a Roma grazie ad una borsa di studio. Sin dai precoci esordi e fino alla sua scomparsa (1981), Barber utilizzò uno stile compositivo relativamente tradizionale, lontano dallo sperimentalismo di alcuni compositori americani della sua generazione.
La sua fama risulta tuttora principalmente riconducibile all'Adagio per archi, accolto con grande favore sin dall'epoca della sua composizione (1938), ma portato al successo mondiale nel corso degli anni '80 grazie al cinema, che se ne appropriò, sottolineando con le sue note i momenti più toccanti dei film The Elephant Man di David Lynch e Platoon di Oliver Stone.
Esemplare del senso quasi lussureggiante della melodia in Barber è questo terzo tempo della Prima sinfonia (1936), che, succedendosi ai precedenti senza soluzione di continuità, porta la composizione al suo solenne epilogo. Lo ascoltiamo nell'interpretazione della Royal Scottish National Orchestra diretta da una donna americana, specchio dei tempi che (finalmente) cambiano: Marin Alsop.
Nella produzione orchestrale di Barber un posto preminente viene occupato dai tre "Essays", composti in diverse epoche (1937-42-78), ma aventi strutture piuttosto simili, in cui trovano posto momenti di intenso lirismo, così come fugaci sezioni di scherzo. Ascoltiamo l'Essay n. 2 (1942) in una registrazione dei ruggenti anni '70; la London Symphony Orchestra è diretta da David Measham.
Barber aveva solo 23 anni quando scrisse "Music for a scene from Shelley" (1933). Per commentarlo, mi ripeterei inutilmente. Meglio ascoltarlo, nella migliore esecuzione che io conosca: lo specialista Andrew Schenk a capo della New Zealand Symphony Orchestra.
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