giovedì 31 dicembre 2009

Felice 2010!!!

E' arrivato al capolinea anche il 2009, anno che difficilmente rimarrà nella memoria come il migliore della decade che si conclude stasera. Il 2010 sarà l'anno della svolta per la nostra esangue economia? Non possiamo che augurarcelo tutti insieme. Nel frattempo, l'anno nuovo che viene non può non essere celebrato musicalmente; in attesa dell'appuntamento "cult" viennese, mi sono preso il gusto di mettere insieme alcune proposte "festaiole" che possano dare un respiro più internazionale alla celebrazione dell'"anno che verrà". Aprirei quindi, doverosamente, con un'ouverture, quella scritta nel 1956 da Leonard Bernstein per la sua operetta "Candide". Eiji Oue, allievo di Bernstein, dirige la Filarmonica di Osaka, ad accomunare idealmente gli estremi di Oriente ed Occidente, i primi e gli ultimi a festeggiare l'Anno che viene.



Ed ora qualche "jokes" da primo dell'Anno. Festosa ed inusuale è sicuramente la "Grand, Grand Ouverture" del britannico Malcolm Arnold, anch'essa datata 1956. Nell'organico orchestrale vengono annoverate tre aspirapolvere, una lavapavimenti e quattro fucili, dediti - questi ultimi - ad eliminare i suonatori dei primi, con intuibile effetto comico per il pubblico, peraltro ben testimoniato dalla registrazione qui proposta, tratta dalla Last Night of the Proms 2009. David Robertson dirige la BBC Symphony Orchestra; "solisti" d'eccezione Jiří Bělohlávek, Goldie, Jennifer Pike alle aspirapolvere e sir David Attenborough alla lavapavimenti.




Più elegante, ma di facile presa è il Valzer composto da Dmitri Shostakovich, inserito nella sua Suite per orchestra da varietà (per lungo tempo conosciuta come Seconda suite jazz), composta in epoca non ben identificata, ma comunque posteriore al 1956. Kubrick fece di questo pezzo l'asse portante della colonna sonora del suo ultimo film, "Eyes wide shut", conferendogli una notorietà sino ad allora sconosciuta. Marin Alsop dirige l'orchestra del Concertgebouw di Amsterdam.



Dall'est europeo, arriva anche la prossima proposta. Simon Rattle dirige la Berliner Philharmoniker nella Rapsodia rumena n. 1, op. 11 di George Enescu, datata 1901.



In rappresentanza dell'America latina, ecco il Danzon n. 2 del messicano Arturo Márquez, classe 1950. Gustavo Dudamel dirige l'Orchestra Giovanile Venezuelana Simon Bolivar.




Per chiudere, un giusto tributo alla tradizione, che mi porta a proporre un brano d'archivio dell'unico ed inimitabile Neujahrkonzert, nella sua edizione 2006, anno in cui sul podio dei Wiener Philharmoniker si esibì Mariss Jansons. Si tratta della Kunstler-Quadrille, scritta da Johann Strauss Jr. in evidente omaggio ai padri della musica. Riconoscibilissimi brani composti da Mozart, Weber, Beethoven, Paganini, Mendelssohn e via discorrendo. Buon ascolto, e che vi giunga il mio personale augurio di un fulgido 2010.



giovedì 24 dicembre 2009

Tanti auguri di sereno Natale.



Negli ultimi tempi ho trascurato il blog più del dovuto e faccio ammenda, fiducioso di poter riprendere al più presto il discorso in maniera più continuativa.
Non potevo comunque ignorare l'opportunità datami dal Natale per inviare una cartolina musicale a tutti coloro che ancora si prendono la briga di curiosare in queste pagine.
Fedele ai miei princìpi, eccomi quindi a proporvi una composizione poco conosciuta di un autore ancora troppo poco conosciuto: si tratta della fantasia sinfonica "Die Natali, op. 37" (non è tedesco, è latino...); commissionata a Samuel Barber dalla Koussevitzky Music Foundation e dedicata alla memoria di Sergei e Natalie Koussevitsky, ebbe la sua première in Boston sotto la direzione di Charles Munch il 23 dicembre 1960. Sono i Christmas carols a farla da padrone e gli esperti di tale genere non si faranno sfuggire le citazioni, letterali o variate, dei carols "O come, O come, Emmanuel" "Lo, how a rose e'er blooming", "God rest you merry, gentlemen", "Good King Wenceslas", oltre ai più noti "Silent Night", "Adeste fideles" e "Joy to the world" con cui si conclude in gloria la composizione.
Marin Alsop dirige la Royal Scottish National Orchestra.



Più intima la gioia evocata dalla nascita del Bambino e celebrata da Ottorino Respighi ne "L'adorazione dei Magi", secondo "quadro" del Trittico Botticelliano, composto nel 1927. Qui non siamo di fronte ad un pout-pourri natalizio, ma ad una composizione originale, nelle cui battute conclusive però Respighi, nell'intento di descrivere la devozione dei Magi per il Bambino, non ha resistito alla tentazione di far ricorso ad una citazione "in punta di piedi" del celeberrimo "Tu scendi dalle stelle", composto nel 1755 da Alfonso Maria de' Liguori ed entrato nella tradizione popolare, dove permane a pieno diritto.



Ancora, auguri di felice Natale.

sabato 10 ottobre 2009

Testo e musica - Tagore, Zemlinsky



"Una meravigliosa trasfigurazione musicale dell'amore in tutte le sue forme. Un amore che cambia forma e colore come una nuvola nella bocca del vento, al tramonto. Ecco cos'è innanzitutto la "Sinfonia Lirica" di Alexander Zemlinsky. Un immenso affresco di note e di colori orchestrali, di misticismo, di tensione emotiva e di sognante abbandono. Un mondo dove il canto e la musica si fondono in perfetta comunione, come la voluttà di due corpi che si spogliano o di due anime che si ascoltano rispecchiandosi l'una nell'altra. Un bellissimo ciclo di lieder orchestrali per soprano, baritono ed orchestra, con i testi colmi di lirismo e sensualità del grande poeta Rabindranath Tagore.

"Ich bin friedlos", sono irrequieto. È con queste parole che la sinfonia spalanca il suo sipario ai paesaggi più reconditi dell'anima e del desiderio. Il baritono intona il suo impulso alla trascendenza in un canto colmo di tensione come un orizzonte carico di nubi. Tensione che si sublima in tinte orchestrali feroci, in un incessante turbinio emotivo e musicale, coi colori cupi e sfavillanti di timpani, violini ed ottoni e le note taglienti di un flauto che richiama quella "sete di cose lontane" che mai nessuna vicinanza potrà sanare. La tensione emotiva si stempera in una maliziosa innocenza nel secondo brano "Mutter, der junge Prinz", dove il soprano celebra in modo etereo e sognante la sua ansia d'amore per il giovane principe, che passerà col suo cocchio sotto le finestre della giovane donna. Un canto a tratti estatico e sensuale, a tratti ironico e disincantato, ma che cresce improvvisamente in un "fortissimo" orchestrale spaventoso. Qualcosa che irrompe dentro e che non si può più trattenere. È come se si rompessero le dighe dell'anima e le parole dei cantanti si spegnessero nel silenzio di un bacio, con l'orchestra a rovesciare rabbiosamente ondate di suoni a coprire la sensualità di questo silenzio.

L'atmosfera trasfigura ulteriormente in "Du bist die Abendwolke", dove il paesaggio musicale si stempera in toni mistici e profumati come l'incenso, dove l'erotismo è dipinto dal timbro sensuale del corno inglese, mentre il baritono intona appassionato: Tu sei la nube della sera che vaga nel cielo dei miei sogni. Un lied erotico e cullante, opulentemente raffinato come un giardino traboccante di palme, di felci, di ninfee, di fior di loto. Un canto coi colori intensi di un tramonto, che prelude al clima notturno del quarto lied del ciclo, "Sprich zu mir, Geliebter". L'atmosfera è qui rarefatta, spettrale a tratti, con il violino a fare da alter-ego al soprano in un sensuale dialogo con se stessi, prima ancora che con l'altro. "Parlami, amore mio", e l'invocazione tremante del soprano sale al cielo quasi come una preghiera, una supplica, per poi spegnersi amaramente nel finale: Il giorno verrà e ci guardaremo negli occhi, prima che ognuno segua il suo cammino. Alla quiete estatica di questo lied, si contrappone fortemente "Befrei' mich von den Banden", dove su un tappeto di timpani e trombe, il baritono proclama Liberami dai lacci della tua dolcezza, e lascia che io ti possa offrire il mio cuore di uomo reso libero. Il canto più breve, rabbioso, violento, come un vortice che trascina verso l'abisso della fine dell'amore. Ed è così, nel sesto brano, "Vollende denn das letzte Lied", la risposta del soprano è gelida, e la musica affonda come la passione verso quegli abissi dove non c'è più nessuna luce a riscaldarti.

La sinfonia si chiude in una atmosfera di serena accettazione, ma non priva di brividi di sensualità, con "Friede, mein Herz". E' come se, dopo una tale tempesta di emozioni, il cielo dell'anima si spalancasse su colori celesti, e raggi di luce filtrassero tra nubi che si inseguono veloci come ricordi sul filo del pensiero. Lascia che l'amore si fonda con la memoria e il dolore divenga canto. E il ricordo e l'amore a perpetuarsi in una lunga e vibrante coda orchestrale, senza più parole."

Fonte: JohnofPatmos http://www.debaser.it/recensionidb/ID_6255/Alexander_von_Zemlinsky_Lyrische_Symphonie.htm



Ich bin friedlos, ich bin durstig nach fernen Dingen.
Meine Seele schweift in Sehnsucht,
Den Saum der dunklen Weite zu berühren.
O großes Jenseits, o ungestürmes Rufen Deiner Flöte.
Ich vergesse, ich vergesse immer,
Daß ich keine Schwingen zum Fliegen habe,
Daß ich an dieses Stück Erde gefesselt bin
Für alle Zeit.

Ich bin voll Verlangen und wachsam,
Ich bin ein Fremder im fremden Land;
Dein Odem kommt zu mir
Und raunt mir unmögliche Hoffnungen zu.
Deine Sprache klingt meinem Herzen vertraut
Wie seine eig'ne.
O Ziel in Fernen, o ungestümes Rufen deiner Flöte.
Ich vergesse immer, ich vergesse,
Daß ich nicht den Weg weiß,
Daß ich das beschwingte Roß nicht habe.

Ich bin ruhlos, ich bin ein Wanderer in meinem Herzen.
Im sonnigen Nebel der zögernden Stunden
Welch gewaltiges Gesicht von dir wird gestaltet
In der Bläue des Himmels.
O fernstes Ende, o ungestümes Rufen deiner Flöte.
Ich vergesse, ich vergesse immer,
Daß die Türen überall verschlossen sind in dem Hause,
Wo ich einsam wohne, o fernstes Ende,
O ungestümes Rufen deiner Flöte.





Non ho pace, sono assetato di cose lontane.
La mia anima si trascina nel desiderio
di toccare il limite della vastità oscura.
O immenso al di là, come è forte il richiamo del tuo flauto!
Io dimentico, dimentico sempre,
che mi mancano le ali per volare,
che a questo pezzo di terra sono incatenato
per sempre.

Sono pieno di desiderio e vigilo attento,
Straniero in terra straniera;
mi giunge il tuo respiro
e mi sussurra speranze irrealizzabili.
La tua lingua suona familiare al mio cuore
come la sua stessa lingua.
O meta lontana, come è forte il richiamo del tuo flauto!
Io dimentico, dimentico sempre,
che non conosco la via,
che non possiedo un alato destriero.

Sono inquieto, sono un viandante nel mio cuore.
Nella nebbia assolata delle ore morte
Che possente visione di te prende forma
Nell'azzurro del cielo.
O lontanissima fine, come è forte il richiamo del tuo flauto!
Io dimentico, dimentico sempre,
che le porte sono tutte serrate nella casa,
dove vivo in solitudine,
O lontanissima fine, come è forte il richiamo del tuo flauto!


Traduzione: Ferdinando Albeggiani

lunedì 5 ottobre 2009

Testo e musica - Manfred (Byron, Schumann, Tchaikovsky)





Ecco, si spegne il lume. Nuovamente

m'è forza rianimarlo, anche se certo

morrà di nuovo prima del mio tempo

d'insonnia... Il sonno mio - pure io dormiente -

non è sonno: è continuo (un) pensiero

ostinato

e gli occhi miei si chiudono

solo a guardarmi dentro...

Eppure io vivo. Ho l'aspetto la forma

il respiro degli uomini viventi...

Sapere è patire. Sventura

è la scienza. Coloro che più sanno

più amaramente devono

piangere il vero fato:

l'albero della scienza non fu mai

l'albero della vita.


Filosofia Meravigliosa Scienza

Conoscenza del mondo Idee sovrane

tutto provai. Tutto compresi e tutto

abbracciai col mio genio. A nulla valse.

Vano fu il tutto. Ho aiutato gli uomini

E qualcuno perfino mi aiutò.


A nulla è valso...

Bene Male Passioni Energia Vita

di che son fatti gli altri

sono per me una pioggia su la sabbia

- dopo quella mia ora innominabile. -


Non conosco terrore. Non sento

la dannazione di poter provare

paura al naturale, movimento

del cuore che batte speranza,

desiderio d'amore

nascosto per un essere terreno...


Ora... al mio compito!...


Voi, misteriose forze, spiriti

che ho cercato nelle tenebre

e nella luce,

voi che vagate sulla terra, dentro

le più sottili essenze,

abitanti le cime inaccessibili

dei monti e gli abissi

della terra e del mare,

io vi scongiuro in nome dell'incanto scritto

che a un v'asserve: destatevi!

Apparite...

Non si mostrano ancora... Per la voce

che vi comanda...

per questo segno che vi fa tremare...

per il sacro diritto dell'Eterno...

Mostratevi! Apparite, apparite!...

Se così deve essere,...

spiriti della terra e dell'aria,

voi non mi eluderete...

per un potere ancora più profondo,

per la malìa concepita in una stella

maledetta, rovina incandescente

d'un mondo distrutto

inferno errante nello spazio immenso,

per l'anatema eterno che mi pesa

terribile nell'anima,

il pensiero ch'è dentro e intorno a me,

Apparite! Ve l'ordino! Apparite!


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lunedì 31 agosto 2009

In visione e in ascolto - 2 - Lang Lang - Temirkanov

Altra retrospettiva sul recentissimo Festival di Verbier. Lang Lang e Yuri Temirkanov - alla testa dell'Orchestra del Festival - interpretano il Concerto n. 1 per pianoforte ed orchestra in si bemolle minore op.23 di Ciaikovsky. Nella seconda parte, l'eccellente direttore russo tornerà a guidare l'Orchestra in una vibrante esecuzione della Sinfonia n. 10 in mi minore op.93 di Dimitri Shostakovich. La registrazione, offerta da Arté Web, risale allo scorso 23 luglio.



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giovedì 27 agosto 2009

In visione e in ascolto - 1. Repin-Dutoit

Di ritorno dalla sosta estiva, propongo il video diffuso sul web da Arté, registrato lo scorso 17 luglio, protagonisti il violinista Vadim Repin e la Verbier Festival Orchestra diretta da Charles Dutoit. In programma l'Ouverture festiva op.96 di Dimitri Shostakovich, il Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.77 di Johannes Brahms e la Eine Alpensinfonie, poema sinfonico op.64 di Richard Strauss.
Buona visione.


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venerdì 24 luglio 2009

Chiuso per ferie

Per le prossime tre settimane starò lontano da blog e computers. Gli eventuali commenti che dovessero arrivare in questo periodo troveranno quindi seguito solo dopo Ferragosto. Nel frattempo, auguro buona musica (e buone ferie) a tutti.

mercoledì 22 luglio 2009

Personaggi (baltici) - la famiglia Järvi

Per quanto il talento musicale non possa certo definirsi una qualità trasmissibile ereditariamente tout court, sin dai tempi di Bach non mancano comunque ottimi esempi di figli capaci di emulare le gesta dei padri, se non persino di superarle. Il direttore d'orchestra estone Neeme Järvi da sempre si è distinto per l'attività frenetica condotta in più continenti (attualmente risulta ricoprire le seguenti cariche: Chief Conductor dell'olandese Residentie Orkest (Den Haag), Conductor Laureate della New Jersey Symphony Orchestra, Music Director Emeritus della Detroit Symphony Orchestra, Principal Conductor Emeritus dell'Orchestra Sinfonica di Göteborg, primo direttore ospite della Japan Philharmonic Orchestra ed, infine, Conductor Laureate della Royal Scottish National Orchestra). L'instancabile dedizione che ha sempre contraddistinto il suo operato, accompagnata da una passione smisurata per la propria "missione", lo ha portato ad esplorare nella sua carriera ultra-quarantennale un repertorio di una vastità davvero impressionante, con esiti artisticamente sempre validi, se non eccellenti. Al suo personalissimo Guinness, Neeme Järvi ha aggiunto anche un curioso primato: due, dico due figli direttori d'orchestra, Paavo e Kristjan, avuti dalla moglie Liilia, così come la figlia Maarika, apprezzata flautista.
Il quarantasettenne Paavo già da otto anni figura alla guida di una delle più importanti orchestre d'America, la Cincinnati Symphony. Con un padre così debordante, il buon Paavo non potevo certo fermarsi qui; ed ecco quindi due prestigiosi incarichi in Europa, alla Radio di Francoforte ed alla Deutsche Kammerphilharmonie Bremen. Con quest'ultima compagine sta ultimando un'integrale discografica delle sinfonie beethoveniane molto apprezzata dalla critica.
Eccone un esempio, tratto dalla Quinta sinfonia.



Il fratello Kristjan, di dieci anni più giovane, oltre che per il "vizietto" di famiglia, si è presto segnalato per la creazione dell' Absolute Ensemble, formazione ibrida creata da Kristjan stesso a New York, ospite di numerosi festival (ricordiamo la sua recente e applaudita partecipazione a Settembre Musica di Torino), con un repertorio che non conosce confini, spaziando da Frank Zappa a Goran Bregovic, coniugando musica occidentale, improvvisazione jazzistica, tradizione araba ed ebraica. Come detto, questo hobby non gli ha impedito di segnalarsi come promettentissimo direttore, conseguendo così vari incarichi, l'ultimo dei quali con la Tonkünstler Orchestra di Vienna. Anche l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI ne ha apprezzato le qualità in più di un'occasione.
A questo proposito, ecco un saggio di quelle qualità trasversali di cui si faceva cenno. Il breve brano è intitolato Route 66 (1999) e lo si deve all'estrosa inventiva dello statunitense Michael Daugherty, classe 1954.



Per chiudere, un doveroso omaggio alla terra d'origine di questa famiglia, l'Estonia.
Non perdetevi l'ascolto del primo movimento (Lento, energico) della Terza Sinfonia (1942) di Eduard Tubin. Kristjan Järvi dirige la BBC Philharmonic Orchestra.

martedì 14 luglio 2009

In memoriam - Edward Downes (1924-2009)

"Dopo 54 felici anni insieme, hanno deciso di porre fine alla loro vita piuttosto che lottare con seri problemi di salute". Questa la dichiarazione rilasciata a seguito della morte, scelta, di Edward Downes e della moglie Joan.
La notizia è divenuta di pubblico dominio solo oggi, a quattro giorni dall'evento, ma la scelta compiuta da questa coppia per il proprio commiato dal mondo farà discutere ancora, e molto. Non è questa la sede per commentare questo gesto estremo, per cui mi limiterò a ricordare sir Edward raffinato artista della bacchetta, grande conoscitore ed apprezzato interprete verdiano, frequentato assiduamente nei suoi cinquant'anni di recite alla Royal Opera House.
Al 1993 risale questa recita londinese dello "Stiffelio". Nel finale del primo atto cantano, tra gli altri, José Carreras, Catherine Malfitano, Gregory Yurisich.



In campo sinfonico, vale la pena di ricordare il lungo sodalizio con la BBC Philharmonic Orchestra, risalente ai tempi in cui la compagine si chiamava ancora BBC Northern Symphony Orchestra. A capo di questa orchestra, nell'ultimo scorcio di carriera incise per Chandos numerosi cd, grazie ai quali sopravviverà un'importante testimonianza delle qualità interpretative di questo direttore e delle sue inusuali scelte di repertorio, grazie alle quali riportò all'attenzione del pubblico opere misconosciute di Respighi, così come autori di scarsa frequentazione come Korngold e Gliere. Da buon britannico, non mancò di promuovere le composizioni dei propri conterranei. A chiusura di questo breve ricordo, propongo all'ascolto il secondo movimento (Corale) dalla Quinta sinfonia di George Lloyd, composta nel 1948. L'orchestra è la Philharmonia di Londra.

mercoledì 8 luglio 2009

Senza parole

giovedì 2 luglio 2009

Lontano da casa - 2 - Paul Hindemith

Quando allo scoppio della seconda guerra mondiale, l'allora quarantacinquenne Paul Hindemith partì dalla natìa Germania per stabilirsi negli Stati Uniti, aveva già alle spalle i successi di una consolidata carriera di musicista e compositore, sviluppatasi anche in campo solistico come apprezzato violista, nonchè nel campo della divulgazione e dell'insegnamento. Ma la sua patria, almeno in quel drammatico momento storico, non intendeva rendergliene merito; neppure le comprovate origini slesiane di Hindemith lo posero al riparo dall'accusa di musicista "degenerato", con la quale venivano genericamente bollati come nemici del Reich quegli artisti portatori del nuovo o comunque inclini ad accogliere gli spifferi provenienti d'oltralpe e non rigidamente dediti al culto del modello dei padri della grande tradizione classica. Destino beffardo, se si pensa a quanto l'Hindemith compositore risulti debitore proprio di quella tradizione classica ed, in particolare, della lezione bachiana. Uno dei tratti inconfondibili dello stile hindemithiano sarà infatti sempre la robustezza contrappuntistica, arricchita da un'aggressività ritmica e da un sapiente controllo della massa sonora, derivantegli dall'inesauribile ricerca di nuove soluzioni timbriche, sperimentate nei numerosi lavori nei quali Hindemith dedicava volta per volta la propria attenzione alle più disparate famiglie di strumenti, coniugando vari idiomi musicali. Di qui la "musica d'uso" (Gebrauchmusik), i Lehrstüke (Pezzi didattici) e le famose Kammermusiken. Eccone un esempio:



Ad organico arricchito, ecco il secondo esempio: primo e secondo movimento (Mässig schnell, mit Kraft - Sehr breit, aber stets fliessend) dal Konzertstück op. 50 per archi ed ottoni (1930). BBC Philharmonic Orchestra diretta da Yan Pascal Tortelier.



Ecco l'orchestra al completo per il finale (Mäßig schnelle Halbe) dalla Sinfonia in Mi bemolle Maggiore, composta nel 1940 e proposta in prima esecuzione l'anno successivo a Minneapolis sotto la direzione di Dimitri Mitropoulos. Anche in questo caso la BBC Philharmonic Orchestra è diretta da Yan Pascal Tortelier.



E terminiamo questa rapida ricognizione ascoltando un brano tratto da un'opera corale, quel Requiem for those we love, in cui Hindemith nel 1946 su commissione della Robert Shaw's Collegiate Chorale mise in musica il poema di Walt Whitman When lilacs last in the door-yard bloom'd, dedicato alla memoria del presidente Lincoln. Anche il Requiem trasse ispirazione emotiva dalla scomparsa di un presidente USA - in questo caso Franklin Delano Roosevelt - oltre che dal cordoglio per l'enorme tributo di vite umane con cui il conflitto mondiale si era appena concluso.
Ascoltiamo l'introduzione e fuga "Lo! body and soul", settimo degli undici numeri in cui è suddivisa la composizione, interpretato dall'Orchestra e dal Coro della Sinfonica di Atlanta, diretti da quello stesso Robert Shaw cui si deve la commissione dell'opera.

lunedì 29 giugno 2009

Ricorrenze - 3 - Isaac Albeniz

Uno dei centenari proposti dal corrente anno musicale è quello che ricorda la scomparsa del compositore catalano Isaac Albéniz, avvenuta il 18 maggio 1909 all'età di quarantanove anni. Bambino prodigio, ma scavezzacollo, fuggì di casa ancora dodicenne per sfuggire alle troppe attenzioni dedicategli dai genitori, consapevoli del suo precoce talento, che finì per sfruttare a proprio vantaggio, così da poter sbarcare il lunario là dove il suo spirito libero lo spingeva: Buenos Aires, Cuba, New York, San Francisco. Ritornato in patria, fu l'incontro con Felipe Pedrell a segnare la svolta della tormentata vita d'artista del giovane Isaac, che si convinse a divenire compositore. Il folclore spagnolo e la lezione impressionista, sapientemente miscelati, finirono per conferire un'impronta inconfondibile alla sua produzione pianistica, cui risulta tuttora legata la popolarità internazionale di Albéniz.
In questo senso, un ruolo non secondario hanno comunque giocato le trascrizioni che delle opere di Albéniz vennero compiute a più riprese. Le più conosciute restano le riduzioni per chitarra. Ascoltiamo quella celeberrima curata da Francisco Tarrega a partire dal brano Asturias (Leyenda), quinto numero della "Suite española". Alla chitarra John Williams.



Non sono ovviamente mancate le orchestrazioni di musiche così ricche di colore già nella loro versione pianistica. Ad Enrique Fernandez Arbos si deve ad esempio la versione orchestrale più eseguita della suite "Iberia". L'Orchestre de Paris diretta da Daniel Barenboim propone al vostro ascolto El Corpus en Sevilla e Triana.



sabato 27 giugno 2009

Vetrina del disco - 1 - André Previn, gli anni della LSO

Quando André Previn, al secolo Andreas Ludwig Priwin, assunse l'incarico di direttore principale della London Symphony Orchestra, era un quarantenne con alle spalle una carriera hollywoodiana consolidata; i suoi adattamenti musicali per il grande schermo gli avevano infatti guadagnato tredici nominations agli Oscar e quattro statuette tra il 1958 ed il 1963. L'azzardo della LSO di affidarsi a questo figlio degli States, con alle spalle un'attività certamente più intensa nel genere jazzistico e cinematografico piuttosto che sinfonico, pagò generosi dividendi, a giudicare dagli esiti artistici che l'orchestra raggiunse in quel periodo, coincidente con gli anni che vanno dal 1968 al 1979. Proprio a quegli anni è dedicato il box di dieci cd budget price messo in vendita da EMI in coincidenza con l'ottantesimo compleanno del Maestro, in cui si potranno ritrovare i cavalli di battaglia del Previn di Londra: i russi del novecento, Gershwin, Orff e tanto altro ancora (per i curiosi od interessati all'acquisto, consiglio di visitare http://www.emiclassics.co.uk/release.php?id=5099926796925)
Ascoltiamo un paio di assaggi; il primo è il finale del secondo atto del balletto "Romeo e Giulietta", proposto nel box in una generosa selezione di brani tratti dalla versione integrale del capolavoro di Prokofiev, a mio giudizio ancora oggi la migliore in disco.



Notevole il contributo di Previn alla diffusione della musica contemporanea ed, in particolare, di quella di provenienza britannica; ecco la "Passacaglia" dall'opera "Peter Grimes" di Benjamin Britten.



Per respirare un po' dell'aria anticonformista portata da quel giovanotto dai capelli a caschetto, una sorta di Paul Mc Cartney della bacchetta, consiglio la visione di un gustoso sketch tratto da uno spettacolo registrato nel 1971 dalla BBC, lo show di Morecambe & Wise, in cui Previn coinvolge l'orchestra in un'improbabile esecuzione del concerto per piano di Edvard Grieg.



Tanti auguri quindi al maestro Previn per i suoi ottant'anni, vissuti così intensamente: come detto, al suo attivo quattro Oscar, e poi dieci Grammy Awards in sette categorie (e tre generi musicali) differenti, per non parlare delle cinque mogli, alcune anche molto note al grande pubblico, come l'attrice Mia Farrow e, in epoca assai più recente, la violinista Anne Sophie Mutter. Insomma, un personaggio a tutto tondo, ancora pienamente attivo, come testimonia questo stralcio da una performance del 2007, in cui dirige l'NHK Symphony Orchestra nel finale di una delle sinfonia da lui più amate, la seconda di Rachmaninov, anch'essa inserita nel box EMI. Certo, gli anni pesano sul fisico, non sul risultato artistico.

mercoledì 24 giugno 2009

Lontano da casa - 1 - Ferruccio Busoni

Riservo a Busoni la copertina di un nuovo filone di interventi, dedicato a quei musicisti che, per scelta o più spesso per necessità, hanno dovuto proseguire la propria attività in una nuova patria, lontana dalle proprie radici natali.
Ferruccio Busoni, nato ad Empoli nel 1866 da madre triestina per metà tedesca e da padre italiano, l'una pianista e l'altro clarinettista, fu avviato agli studi musicali molto presto, divenendo pianista di grande fama già in patria; l'attività di composizione restava però la prediletta, ma anche la più avara di successi. In cerca di nuovi stimoli e riconoscimenti, iniziò a girare il mondo ricoprendo incarichi di insegnamento a Vienna, Lipsia, Helsinki, per approdare al conservatorio di Mosca nel 1890 e quindi a Boston l'anno successivo. L'autentica svolta intervenne però nel 1894 quando, abbandonato l'insegnamento, si stabilì a Berlino, eletta a città d'adozione. Il temporaneo rientro in Italia, con l'incarico di direttore del Conservatorio Giovanni Battista Martini di Bologna, coincise con un'ulteriore cocente delusione, in quanto la disorganizzazione totale del conservatorio e l'arretratezza culturale che sperimentò lo indusse a chiudere precocemente l'esperienza. Per sfuggire alle insidie della prima guerra mondiale, scelse di trasferirsi a Zurigo. Fu questo un periodo proficuo, in cui fece amicizia con il pittore Umberto Boccioni. Terminato il conflitto, Busoni, seppur incerto sull'opportunità di un suo rientro a Berlino, vista la situazione politica che andava delineandosi, venne convinto in tal senso dall'offerta di una classe di composizione da parte di Leo Kestenberg (già suo allievo di pianoforte, divenuto esponente di spicco fra gli intellettuali della Repubblica di Weimar) oltre che dall'immane esigenza di riappropriarsi della sua casa, in cui si trovavano custoditi i preziosi quadri e libri da lui collezionati nel corso degli anni. Berlino divenne così la sua dimora definitiva, sino alla morte avvenuta nel 1924.
Il suo amore per l'Italia non venne mai rinnegato, come attesta quanto scritto nella lettera all'amico Arrigo Serato, risalente al giugno 1920, di cui riporto un breve brano:
Finora, per diverse ragioni, l'avevo negletta [la Germania], per non dire evitata. Non voglio tediarti con l'enumerare le tante forme di simpatia, d'impazienza, di rimprovero, di fiducia con le quali mi si esorta a rivenire. E non ci si ferma a parole; mi si offre la scelta di qualunque posizione o intrapresa ch'io proponga o desideri. In primo luogo un posto all'Accademia dello Stato, per la suprema classe di Composizione, posizione di prima autorità, indipendente da qualunque superiore e da ogni prescrizione. Se una cosa simile fosse avvenuta a Roma, non avrei indugiato un secondo a decidermi.

Busoni compositore viene associato con maggiore frequenza alla musica scritta per il teatro (solo quattro opere in verità: Die Brautwall (La sposa sorteggiata), Turandot, Arlecchino e l'incompiuta Doktor Faust) ed a quella per pianoforte, cui deve tuttora la sua fama, caratterizzata da un felice connubio tra il rigore derivantegli dallo studio approfondito di Bach e la padronanza della tecnica trascendentale lisztiana.
La sua opera sinfonica più nota resta il monumentale "Concerto per pianoforte, orchestra e coro maschile op. 39"(1905), opera fuori dagli schemi con i suoi cinque movimenti e decisamente di difficile approccio, sia per l'arditezza della scrittura pianistica, sia per la sua lunghezza, vicina ai settanta minuti complessivi. Qui Busoni strizza l'occhio alla tradizione della musica popolare del proprio paese d'origine, coniugando i ritmi di tarantella con l'esuberanza della "Bella Gigogin".
Ascoltiamo questo movimento, il quarto dei cinque previsti dalla partitura, nella interpretazione dei coniugi Rozhdestvensky: Viktoria Postnikova al pianoforte, il marito Gennady sul podio dell'Orchestre National de France.



Tanzwalzer op. 53, composto nel settembre 1920 subito dopo il ritorno a Berlino, chiude la serie, non nutrita invero, delle composizioni per orchestra di Busoni. Seppure l'autore ne attribuisse la suggestione alle note di Johann Strauss Jr., l'ascolto di questo brano non può non riportare alla memoria le movenze di valzer dello Strauss di Baviera.



Solo orchestrale anche la Zweite Orchestersuite op. 34a, composta nel 1895 e poi rielaborata nel 1903, portante il curioso sottotitolo Geharnischte Suite (Suite corazzata), una sorta di risposta alla straussiana «vita d'eroe», divisa in quattro movimenti dai titoli battaglieri («Introduzione», «Danza di guerra», «Epitaffio» e «Assalto»), anche troppo battaglieri rispetto a quanto evocato dalla musica. L'Assalto finale è quello che, con i suoi ritmi energici e l'incisiva orchestrazione, si merita la menzione e la lode. Anche qui, come nel brano precedente, la BBC Philharmonic Orchestra è diretta da Neeme Jarvi.

domenica 21 giugno 2009

Baltici - 2 - Lepo Sumera


Tra i paesi appartenenti all'area baltica, un ruolo di primo piano nel campo della musica cosiddetta "seria" va riservato alla piccola Estonia. Mossi i primi passi tra le due guerre mondiali grazie ad esponenti come Heino Eller ed Eduard Tubin, la musica di origine estone ha quindi trovato la notorietà internazionale nell'ultimo scorcio del Novecento, sulla spinta di nomi come Erkki-Sven Tüür ed Arvo Pärt, quest'ultimo considerato da più parti il più importante compositore vivente. Un exploit in piena regola, che ha avuto in Heino Eller il principale ispiratore, avendo egli stesso formato con i propri insegnamenti la successiva generazione di musicisti e dato così vita ad una sorta di scuola nazionale del Novecento, di gran valore sia per quantità che per qualità.
Oggi farò da "padrino" a Lepo Sumera; nato nel 1950 e, manco a dirlo, allievo di Heino Eller, si è subito distinto per la peculiarità del proprio stile compositivo. Raffinato nel trattamento di timbri e contrasti, nelle sue sinfonie tende a sviluppare il materiale sonoro attraverso la naturale ripetizione dei temi, obbedendo ad uno schema tipico delle canzoni runiche dell'antica Estonia; ascoltate ad esempio le cicliche ondate sonore con cui si apre la Prima sinfonia (1981).



Nella loro prima esposizione, i temi, spesso assai accattivanti, partono perlopiù con sonorità al limite dell'udibile e producendo via via, con la loro ripetizione, un effetto ipnotizzante cui difficilmente ci si riesce a sottrarre; il tema di turno, ripreso dalle varie sezioni orchestrali, viene sviluppato fino al parossismo, arrivando ad un climax quasi mai liberatorio, a lasciare un senso di incompiuto, dovuto anche al progressivo depotenziamento del materiale sonoro, che ci riporta a quel senso di dondolio ipnotizzante cui facevo riferimento, che costituisce un po' il marchio di fabbrica dell'autore. Esemplare di questa tecnica compositiva la Seconda Sinfonia (1984), che ascoltiamo per intero.



Ultimo assaggio della produzione di questo compositore, purtroppo spentosi nel 2000 a soli 50 anni, è rappresentato dal finale del concerto per piano ed orchestra (1989), in cui il tema claustrofobico proposto da corno e piano, dopo un efficace gioco di accelerazioni continue, trova finalmente al suo culmine una soluzione a pieno organico. Come per gli altri estratti, l'orchestra è quella di sinfonica di Malmö, diretta da un altro orgoglioso figlio d'Estonia, Paavo Järvi. Al pianoforte, Kalle Randalu.

mercoledì 17 giugno 2009

Ricorrenze - 2 - Igor Stravinsky

Celebrato persino dal logo odierno della homepage di Google, il compleanno di Igor Stravinsky si è puntualmente ripresentato per la centoventisettesima volta; e poco conta che non ci sia più nessuno a spegnere quelle candeline: che "happy birthday" sia!



Ricordiamolo con la composizione che più di tutte lo ha consegnato alla storia: "Le sacre du printemps". Salonen dirige la Los Angeles Philharmonic Orchestra in questi estratti video, che ricompongono l'intera seconda parte, sottotitolata "Le sacrifice". Per una visione ed un ascolto ottimali, consiglio sempre di migrare su YouTube ed attivare l'opzione HQ.







Infine un assaggio da una composizione più tarda e meno eseguita: l'opera-oratorio Oedipus Rex del 1927, su testi di Jean Cocteau, ispirata alla tragedia di Sofocle. Dal secondo atto, ascoltiamo le voci del soprano Gabriele Schnaut e del tenore Peter Svensson, impegnati nella scena in cui Giocasta, ancora ignara dei contorni della tragedia ed irritata con i principi che litigano, biasima gli oracoli e difende Edipo, colto dai primi sospetti. L'Orchestre de la Suisse Romande è diretta da Neeme Jarvi.



lunedì 15 giugno 2009

Personaggi - 1 - Gilbert Kaplan

Ebbene sì, lo ammetto: invidio Gilbert Kaplan.
Io, povero tapino completamente digiuno di erudizione musicale ma colto già da giovane da questa passionaccia per la musica sinfonica, io che, al massimo, mi sono concesso il vezzo di far volteggiare nell'aria la mia bacchetta immaginaria e di dare vita e ritmo alle note che lo stereo docilmente proponeva ai miei scomposti sdilinquimenti.
Questo mi era concesso per placare quel desiderio subliminale di protagonismo e partecipazione e tanto mi bastava; troppo poco però per le ambizioni di un Gilbert Kaplan.
Questi, dopo aver fondato un giornale finanziario nel 1965 ed essersi ritrovato milionario grazie ai proventi di questa attività ed a fortunate operazioni azionarie, ad un tratto si è scoperto fanatico paladino della musica di Gustav Mahler e, ancor più in particolare, della sua seconda sinfonia “Resurrezione”, che, con il passare degli anni, sarebbe poi diventata per lui quasi un’ossessione. Non sapendo leggere la musica, non si è perso d'animo ed avendo la vetta della "Resurrezione" come obiettivo, si è "concesso" un programma intensivo di lezioni private di musica e di direzione, affidandosi a musicisti del calibro di Bernstein, Solti e Slatkin, divi della bacchetta che i comuni mortali a stento riuscirebbero anche solo ad avvicinare. Con un viatico così promettente, la prima tappa dell'ascesa non poteva essere distante; nel 1982 eccolo raggiungere il suo primo incredibile obiettivo: affittare il Lincoln Center a N.Y., pagare un’intera orchestra (la American Symphony Orchestra) e dirigere per la prima volta la sinfonia dei suoi sogni, sfruttando l'occasione di un convegno per garantirsi un pubblico di perplessi economisti. Ma che Kaplan non fosse un dilettante qualsiasi lo si è compreso appieno quando ha iniziato a girare il mondo, dirigendo le più importanti orchestre (in Italia capitò alla Filarmonica della Scala nel 1992) ed incidendo per ben due volte il suo unico pezzo in repertorio: manco a dirlo, la "Resurrezione".
Certo, la favola non è sempre filata via senza scossoni; ad esempio, a fine 2008 sul blog di uno strumentista della New York Philharmonic sono comparsi giudizi assai poco lusinghieri su talento e tecnica del magnate col vizio della bacchetta. Ma poi tutto si è appianato, anche perchè Kaplan, continuando ad attingere con generosità alla propria fortuna milionaria per sponsorizzare in vario modo importanti orchestre del Nord America, fornisce più di uno spunto a critici ed addetti ai lavori affinchè questi ammorbidiscano i giudizi da esprimere sul suo operato direttoriale. Provateci comunque anche voi, ascoltando due estratti dalla sua registrazione del 1988 con la London Symphony Orchestra, uscita in doppio cd per le etichette indipendenti Img Classic e Conifer. Manco a dirlo, anche l'esperienza discografica non ha saputo sottrarsi a questo destino extralarge: con le sue 180.000 copie vendute, questa sua opera prima ha infatti battuto - in termini di vendite - la concorrenza degli stessi mostri sacri suoi maestri ed anche quella di tutti gli altri, con tanto di diplomi e carriere costruite pazientemente, pezzo per pezzo. Ma si sa, le favole esigono sempre il lieto fine.

Di seguito, il terzo movimento (Scherzo) In Ruhiger Fliessender Bewegung



La "coda" del finale, con le soliste Benita Valente e Maureen Forrester, col contributo del BBC Welsh Chorus.

sabato 13 giugno 2009

Stelle e strisce - 1 - Samuel Barber

Gli Stati Uniti d'America, occupati com'erano a dare alla luce molteplici forme d'espressione musicale quali jazz, country, gospel, rock and roll, rap e via discorrendo, hanno faticato più del dovuto a portare alla ribalta della scena internazionale autori ed esecutori attivi nel campo della musica classica e sinfonica. Sintomatico in tal senso lo stand-by di cui si sono rese protagoniste le istituzioni musicali del Nord America, che nell'affidarsi sin dagli esordi e fino agli anni '60 alle cure di grandi europei transfughi, hanno di fatto ritardato di decenni il processo di maturazione di una propria tradizione interpretativa e manageriale. Con questi presupposti, risultava certo problematica anche l'ascesa di astri nel firmamento compositivo. Unica radiosa eccezione risulta rappresentata dalla stella di George Gershwin, personaggio che oggi si definirebbe "trasversale" per la sua straordinaria capacità di coniugare il verbo della musica nera con quello della musica bianca di più antica tradizione; per l'esordio effettivo della musica seria americana occorrerà attendere l'avvento del protagonista degli odierni assaggi d'ascolto: Samuel Barber.

Nato nel 1910 in Pennsylvania, iniziò a comporre ancora bambino, perfezionando i propri studi a Roma grazie ad una borsa di studio. Sin dai precoci esordi e fino alla sua scomparsa (1981), Barber utilizzò uno stile compositivo relativamente tradizionale, lontano dallo sperimentalismo di alcuni compositori americani della sua generazione.
La sua fama risulta tuttora principalmente riconducibile all'Adagio per archi, accolto con grande favore sin dall'epoca della sua composizione (1938), ma portato al successo mondiale nel corso degli anni '80 grazie al cinema, che se ne appropriò, sottolineando con le sue note i momenti più toccanti dei film The Elephant Man di David Lynch e Platoon di Oliver Stone.

Esemplare del senso quasi lussureggiante della melodia in Barber è questo terzo tempo della Prima sinfonia (1936), che, succedendosi ai precedenti senza soluzione di continuità, porta la composizione al suo solenne epilogo. Lo ascoltiamo nell'interpretazione della Royal Scottish National Orchestra diretta da una donna americana, specchio dei tempi che (finalmente) cambiano: Marin Alsop.



Nella produzione orchestrale di Barber un posto preminente viene occupato dai tre "Essays", composti in diverse epoche (1937-42-78), ma aventi strutture piuttosto simili, in cui trovano posto momenti di intenso lirismo, così come fugaci sezioni di scherzo. Ascoltiamo l'Essay n. 2 (1942) in una registrazione dei ruggenti anni '70; la London Symphony Orchestra è diretta da David Measham.



Barber aveva solo 23 anni quando scrisse "Music for a scene from Shelley" (1933). Per commentarlo, mi ripeterei inutilmente. Meglio ascoltarlo, nella migliore esecuzione che io conosca: lo specialista Andrew Schenk a capo della New Zealand Symphony Orchestra.

giovedì 11 giugno 2009

Baltici - 1 - Krzysztof Penderecki

Con questo post avvio le mie proposte di ascolti "non convenzionali", che mi auguro possano riservare piacevoli sorprese a chi si accosterà a questo blog. Più per sfizio che per effettiva necessità, avrei pensato di incasellare via via queste nuove proposte, inserendole nel rispettivo album di riferimento, intitolato alle varie aree geografico-culturali di provenienza dei compositori che vado ad "introdurre". In quest'ottica, a stabilire una qualche continuità col precedente post, rimango nel freddo del Nord Europa, aprendo l'album dedicato ai paesi baltici, che tanti personaggi di spicco hanno dato nella seconda metà del secolo appena conclusosi.
Dal versante sud del Baltico arriva uno dei nomi più internazionalmente noti, quello di Krzysztof Penderecki, polacco di Cracovia, nato nel 1933 e tuttora vivo ed attivo. Nelle mie intenzioni, in questo blog le tanto abusate parole dovrebbero lasciare spazio ai suoni, quindi vi lascio agli assaggi d'ascolto che avrei scelto per approcciare la produzione sinfonica di Penderecki.
Attivo nella musica d'avanguardia agli esordi della carriera, P. scoprì tardivamente il genere sinfonico, quantomeno nella sua dimensione più compiuta, la sinfonia appunto. Ascoltate quindi i movimenti 2 (Allegro con brio) e 3 (Adagio) della terza sinfonia (1988-95), in cui l'autore rende un evidente tributo alla storia del sinfonismo novecentesco ed al suo principale interprete, Dmitri Shostakovich. Antoni Wit dirige l'Orchestra della Radio Nazionale polacca.





Più personale la sinfonia-oratorio intitolata a "Le sette porte di Gerusalemme", cui nel 1997 l'autore attribuì il settimo numero del proprio catalogo di sinfonie; di questa composizione propongo l'ascolto del quarto numero "Si oblitus fuero tui, Jerusalem". Kazimierz Kord alla testa di orchestra e coro della Filarmonica di Varsavia.

lunedì 8 giugno 2009

Ricorrenze - 1 - Carl Nielsen

Mi permetto una veloce scorribanda sul versante dell'"accadde oggi", ispirato dal caso, che ha voluto che giusto oggi buttassi un occhio inconsapevole alla biografia di Carl Nielsen, grande sinfonista danese, contemporaneo di quel Mahler con cui ho aperto le danze, e che scoprissi così la sua data di nascita, coincidente proprio col 9 giugno, anno del Signore 1865.
Nielsen, pur essendo universalmente riconosciuto come il maggior musicista danese di tutti i tempi, vede principalmente confinata la sua fama al Nord Europa ed agli U.S.A.; nei cartelloni delle stagioni concertistiche italiche risulta ancora pressochè inesistente, malgrado una sua comunque crescente fortuna discografica, legata alle integrali sinfoniche di alcune bacchette della penultima generazione (mi vengono in mente Salonen, Saraste, Vanska, oltre al più attempato Blomstedt, che ha al suo attivo addirittura due integrali). Anche Neeme Jarvi ha pubblicato negli anni '90 per la DG un'integrale di ottimo livello; proprio a lui mi affido per il doppio ascolto nielseniano prescelto, la "Marcia Orientale" e la "Danza dei guerrieri neri", numeri che rispettivamente aprono e chiudono la suite dalle musiche di scena per la commedia "Aladdin"del conterraneo Oehlenschlæger.
La registrazione risale al 2006 ed è ripresa dai boschi del berlinese Waldbühne in occasione del tradizionale concerto di benvenuto all'estate. Ad eseguire questa musica di inusuale ispirazione esotica sono proprio loro, i Berliner Philharmoniker. Buon ascolto.




Si comincia (stavolta sul serio)

Il mio primo post nell'universo blog non poteva non omaggiare il compositore che più di tutti ha contribuito ad irrobustire la mia passione per la musica, ossia Gustav Mahler.

Basta affidarsi a qualsiasi motore di ricerca per rendersi conto di quanto tumultuosamente sia cresciuta la popolarità di questo musicista, per cui non pretendo certo di aggiungere alcunchè al riguardo. Spigolando qua e là, qualche cono d'ombra sembrerebbe comunque permanere ed in quella direzione cercherò di rivolgere la mia attenzione.

Per esempio, forse perchè rimasti orfani dell'orchestrazione doc del proprio creatore, restano piuttosto misconosciuti i cosiddetti "Lieder und Gesaenge aus der Jugendzeit" ("Canti e melodie dei tempi della giovinezza"), affidati da un Mahler non ancora trentenne ai soli mezzi rappresentati dalla voce umana accompagnata dal pianoforte. Ci pensò Luciano Berio nel 1986 ad orchestrare cinque di questi lieder (altri sei li orchestrò l'anno successivo), utilizzando una paletta orchestrale molto rispettosa dei timbri e dei colori usuali per il maestro di Kalischt. La mia preferenza incondizionata va al lieder intitolato "Nicht wiedersehen" (grosso modo corrisponde all'italico "A non rivederci"), che propongo quest'oggi all'ascolto in questa versione visuale da me preparata. In questa versione però, registrata nel 1985, l'orchestrazione la si deve al direttore ed orchestratore americano Harold Byrns (ancora più sobria di quella elaborata successivamente da Berio). La voce è quella del baritono Bernd Weikl. Dirige la Philhamonia Orchestra Giuseppe Sinopoli; la traduzione dei versi dal tedesco è quella di Quirino Principe.



venerdì 5 giugno 2009

Si comincia!!!

Eccolo qui, direte voi, un altro che crede di avere qualcosa da dire e che piazza la sua barchetta di carta nel bel mezzo dell'oceano dei blogger.

A questa "eroica" decisione non ci arrivo da novizio del web; il fatto è che, dopo una frequentazione di oltre otto anni dell'universo dei newsgroups, mi scopro ributtato a riva e deciso a trovarmi una nuova dimensione. Che sia blog, dunque, senza uno schema preciso e preventivo.

La protagonista è comunque scelta e regnerà incontrastata: la musica.

Quella sinfonica, principalmente, perché è là che batte più forte il cuore; ma non mancheranno incursioni in altri generi, anche grazie al contributo che, mi auguro, potrà arrivare da coloro che benignamente riterranno di perdere tempo appresso alle mie divagazioni. In ogni caso rivolgo sin d'ora un grazie al mio silenzioso pubblico, fiducioso che possa alla fine "darmi ascolto", magari una volta al giorno.