lunedì 29 giugno 2009

Ricorrenze - 3 - Isaac Albeniz

Uno dei centenari proposti dal corrente anno musicale è quello che ricorda la scomparsa del compositore catalano Isaac Albéniz, avvenuta il 18 maggio 1909 all'età di quarantanove anni. Bambino prodigio, ma scavezzacollo, fuggì di casa ancora dodicenne per sfuggire alle troppe attenzioni dedicategli dai genitori, consapevoli del suo precoce talento, che finì per sfruttare a proprio vantaggio, così da poter sbarcare il lunario là dove il suo spirito libero lo spingeva: Buenos Aires, Cuba, New York, San Francisco. Ritornato in patria, fu l'incontro con Felipe Pedrell a segnare la svolta della tormentata vita d'artista del giovane Isaac, che si convinse a divenire compositore. Il folclore spagnolo e la lezione impressionista, sapientemente miscelati, finirono per conferire un'impronta inconfondibile alla sua produzione pianistica, cui risulta tuttora legata la popolarità internazionale di Albéniz.
In questo senso, un ruolo non secondario hanno comunque giocato le trascrizioni che delle opere di Albéniz vennero compiute a più riprese. Le più conosciute restano le riduzioni per chitarra. Ascoltiamo quella celeberrima curata da Francisco Tarrega a partire dal brano Asturias (Leyenda), quinto numero della "Suite española". Alla chitarra John Williams.



Non sono ovviamente mancate le orchestrazioni di musiche così ricche di colore già nella loro versione pianistica. Ad Enrique Fernandez Arbos si deve ad esempio la versione orchestrale più eseguita della suite "Iberia". L'Orchestre de Paris diretta da Daniel Barenboim propone al vostro ascolto El Corpus en Sevilla e Triana.



sabato 27 giugno 2009

Vetrina del disco - 1 - André Previn, gli anni della LSO

Quando André Previn, al secolo Andreas Ludwig Priwin, assunse l'incarico di direttore principale della London Symphony Orchestra, era un quarantenne con alle spalle una carriera hollywoodiana consolidata; i suoi adattamenti musicali per il grande schermo gli avevano infatti guadagnato tredici nominations agli Oscar e quattro statuette tra il 1958 ed il 1963. L'azzardo della LSO di affidarsi a questo figlio degli States, con alle spalle un'attività certamente più intensa nel genere jazzistico e cinematografico piuttosto che sinfonico, pagò generosi dividendi, a giudicare dagli esiti artistici che l'orchestra raggiunse in quel periodo, coincidente con gli anni che vanno dal 1968 al 1979. Proprio a quegli anni è dedicato il box di dieci cd budget price messo in vendita da EMI in coincidenza con l'ottantesimo compleanno del Maestro, in cui si potranno ritrovare i cavalli di battaglia del Previn di Londra: i russi del novecento, Gershwin, Orff e tanto altro ancora (per i curiosi od interessati all'acquisto, consiglio di visitare http://www.emiclassics.co.uk/release.php?id=5099926796925)
Ascoltiamo un paio di assaggi; il primo è il finale del secondo atto del balletto "Romeo e Giulietta", proposto nel box in una generosa selezione di brani tratti dalla versione integrale del capolavoro di Prokofiev, a mio giudizio ancora oggi la migliore in disco.



Notevole il contributo di Previn alla diffusione della musica contemporanea ed, in particolare, di quella di provenienza britannica; ecco la "Passacaglia" dall'opera "Peter Grimes" di Benjamin Britten.



Per respirare un po' dell'aria anticonformista portata da quel giovanotto dai capelli a caschetto, una sorta di Paul Mc Cartney della bacchetta, consiglio la visione di un gustoso sketch tratto da uno spettacolo registrato nel 1971 dalla BBC, lo show di Morecambe & Wise, in cui Previn coinvolge l'orchestra in un'improbabile esecuzione del concerto per piano di Edvard Grieg.



Tanti auguri quindi al maestro Previn per i suoi ottant'anni, vissuti così intensamente: come detto, al suo attivo quattro Oscar, e poi dieci Grammy Awards in sette categorie (e tre generi musicali) differenti, per non parlare delle cinque mogli, alcune anche molto note al grande pubblico, come l'attrice Mia Farrow e, in epoca assai più recente, la violinista Anne Sophie Mutter. Insomma, un personaggio a tutto tondo, ancora pienamente attivo, come testimonia questo stralcio da una performance del 2007, in cui dirige l'NHK Symphony Orchestra nel finale di una delle sinfonia da lui più amate, la seconda di Rachmaninov, anch'essa inserita nel box EMI. Certo, gli anni pesano sul fisico, non sul risultato artistico.

mercoledì 24 giugno 2009

Lontano da casa - 1 - Ferruccio Busoni

Riservo a Busoni la copertina di un nuovo filone di interventi, dedicato a quei musicisti che, per scelta o più spesso per necessità, hanno dovuto proseguire la propria attività in una nuova patria, lontana dalle proprie radici natali.
Ferruccio Busoni, nato ad Empoli nel 1866 da madre triestina per metà tedesca e da padre italiano, l'una pianista e l'altro clarinettista, fu avviato agli studi musicali molto presto, divenendo pianista di grande fama già in patria; l'attività di composizione restava però la prediletta, ma anche la più avara di successi. In cerca di nuovi stimoli e riconoscimenti, iniziò a girare il mondo ricoprendo incarichi di insegnamento a Vienna, Lipsia, Helsinki, per approdare al conservatorio di Mosca nel 1890 e quindi a Boston l'anno successivo. L'autentica svolta intervenne però nel 1894 quando, abbandonato l'insegnamento, si stabilì a Berlino, eletta a città d'adozione. Il temporaneo rientro in Italia, con l'incarico di direttore del Conservatorio Giovanni Battista Martini di Bologna, coincise con un'ulteriore cocente delusione, in quanto la disorganizzazione totale del conservatorio e l'arretratezza culturale che sperimentò lo indusse a chiudere precocemente l'esperienza. Per sfuggire alle insidie della prima guerra mondiale, scelse di trasferirsi a Zurigo. Fu questo un periodo proficuo, in cui fece amicizia con il pittore Umberto Boccioni. Terminato il conflitto, Busoni, seppur incerto sull'opportunità di un suo rientro a Berlino, vista la situazione politica che andava delineandosi, venne convinto in tal senso dall'offerta di una classe di composizione da parte di Leo Kestenberg (già suo allievo di pianoforte, divenuto esponente di spicco fra gli intellettuali della Repubblica di Weimar) oltre che dall'immane esigenza di riappropriarsi della sua casa, in cui si trovavano custoditi i preziosi quadri e libri da lui collezionati nel corso degli anni. Berlino divenne così la sua dimora definitiva, sino alla morte avvenuta nel 1924.
Il suo amore per l'Italia non venne mai rinnegato, come attesta quanto scritto nella lettera all'amico Arrigo Serato, risalente al giugno 1920, di cui riporto un breve brano:
Finora, per diverse ragioni, l'avevo negletta [la Germania], per non dire evitata. Non voglio tediarti con l'enumerare le tante forme di simpatia, d'impazienza, di rimprovero, di fiducia con le quali mi si esorta a rivenire. E non ci si ferma a parole; mi si offre la scelta di qualunque posizione o intrapresa ch'io proponga o desideri. In primo luogo un posto all'Accademia dello Stato, per la suprema classe di Composizione, posizione di prima autorità, indipendente da qualunque superiore e da ogni prescrizione. Se una cosa simile fosse avvenuta a Roma, non avrei indugiato un secondo a decidermi.

Busoni compositore viene associato con maggiore frequenza alla musica scritta per il teatro (solo quattro opere in verità: Die Brautwall (La sposa sorteggiata), Turandot, Arlecchino e l'incompiuta Doktor Faust) ed a quella per pianoforte, cui deve tuttora la sua fama, caratterizzata da un felice connubio tra il rigore derivantegli dallo studio approfondito di Bach e la padronanza della tecnica trascendentale lisztiana.
La sua opera sinfonica più nota resta il monumentale "Concerto per pianoforte, orchestra e coro maschile op. 39"(1905), opera fuori dagli schemi con i suoi cinque movimenti e decisamente di difficile approccio, sia per l'arditezza della scrittura pianistica, sia per la sua lunghezza, vicina ai settanta minuti complessivi. Qui Busoni strizza l'occhio alla tradizione della musica popolare del proprio paese d'origine, coniugando i ritmi di tarantella con l'esuberanza della "Bella Gigogin".
Ascoltiamo questo movimento, il quarto dei cinque previsti dalla partitura, nella interpretazione dei coniugi Rozhdestvensky: Viktoria Postnikova al pianoforte, il marito Gennady sul podio dell'Orchestre National de France.



Tanzwalzer op. 53, composto nel settembre 1920 subito dopo il ritorno a Berlino, chiude la serie, non nutrita invero, delle composizioni per orchestra di Busoni. Seppure l'autore ne attribuisse la suggestione alle note di Johann Strauss Jr., l'ascolto di questo brano non può non riportare alla memoria le movenze di valzer dello Strauss di Baviera.



Solo orchestrale anche la Zweite Orchestersuite op. 34a, composta nel 1895 e poi rielaborata nel 1903, portante il curioso sottotitolo Geharnischte Suite (Suite corazzata), una sorta di risposta alla straussiana «vita d'eroe», divisa in quattro movimenti dai titoli battaglieri («Introduzione», «Danza di guerra», «Epitaffio» e «Assalto»), anche troppo battaglieri rispetto a quanto evocato dalla musica. L'Assalto finale è quello che, con i suoi ritmi energici e l'incisiva orchestrazione, si merita la menzione e la lode. Anche qui, come nel brano precedente, la BBC Philharmonic Orchestra è diretta da Neeme Jarvi.

domenica 21 giugno 2009

Baltici - 2 - Lepo Sumera


Tra i paesi appartenenti all'area baltica, un ruolo di primo piano nel campo della musica cosiddetta "seria" va riservato alla piccola Estonia. Mossi i primi passi tra le due guerre mondiali grazie ad esponenti come Heino Eller ed Eduard Tubin, la musica di origine estone ha quindi trovato la notorietà internazionale nell'ultimo scorcio del Novecento, sulla spinta di nomi come Erkki-Sven Tüür ed Arvo Pärt, quest'ultimo considerato da più parti il più importante compositore vivente. Un exploit in piena regola, che ha avuto in Heino Eller il principale ispiratore, avendo egli stesso formato con i propri insegnamenti la successiva generazione di musicisti e dato così vita ad una sorta di scuola nazionale del Novecento, di gran valore sia per quantità che per qualità.
Oggi farò da "padrino" a Lepo Sumera; nato nel 1950 e, manco a dirlo, allievo di Heino Eller, si è subito distinto per la peculiarità del proprio stile compositivo. Raffinato nel trattamento di timbri e contrasti, nelle sue sinfonie tende a sviluppare il materiale sonoro attraverso la naturale ripetizione dei temi, obbedendo ad uno schema tipico delle canzoni runiche dell'antica Estonia; ascoltate ad esempio le cicliche ondate sonore con cui si apre la Prima sinfonia (1981).



Nella loro prima esposizione, i temi, spesso assai accattivanti, partono perlopiù con sonorità al limite dell'udibile e producendo via via, con la loro ripetizione, un effetto ipnotizzante cui difficilmente ci si riesce a sottrarre; il tema di turno, ripreso dalle varie sezioni orchestrali, viene sviluppato fino al parossismo, arrivando ad un climax quasi mai liberatorio, a lasciare un senso di incompiuto, dovuto anche al progressivo depotenziamento del materiale sonoro, che ci riporta a quel senso di dondolio ipnotizzante cui facevo riferimento, che costituisce un po' il marchio di fabbrica dell'autore. Esemplare di questa tecnica compositiva la Seconda Sinfonia (1984), che ascoltiamo per intero.



Ultimo assaggio della produzione di questo compositore, purtroppo spentosi nel 2000 a soli 50 anni, è rappresentato dal finale del concerto per piano ed orchestra (1989), in cui il tema claustrofobico proposto da corno e piano, dopo un efficace gioco di accelerazioni continue, trova finalmente al suo culmine una soluzione a pieno organico. Come per gli altri estratti, l'orchestra è quella di sinfonica di Malmö, diretta da un altro orgoglioso figlio d'Estonia, Paavo Järvi. Al pianoforte, Kalle Randalu.

mercoledì 17 giugno 2009

Ricorrenze - 2 - Igor Stravinsky

Celebrato persino dal logo odierno della homepage di Google, il compleanno di Igor Stravinsky si è puntualmente ripresentato per la centoventisettesima volta; e poco conta che non ci sia più nessuno a spegnere quelle candeline: che "happy birthday" sia!



Ricordiamolo con la composizione che più di tutte lo ha consegnato alla storia: "Le sacre du printemps". Salonen dirige la Los Angeles Philharmonic Orchestra in questi estratti video, che ricompongono l'intera seconda parte, sottotitolata "Le sacrifice". Per una visione ed un ascolto ottimali, consiglio sempre di migrare su YouTube ed attivare l'opzione HQ.







Infine un assaggio da una composizione più tarda e meno eseguita: l'opera-oratorio Oedipus Rex del 1927, su testi di Jean Cocteau, ispirata alla tragedia di Sofocle. Dal secondo atto, ascoltiamo le voci del soprano Gabriele Schnaut e del tenore Peter Svensson, impegnati nella scena in cui Giocasta, ancora ignara dei contorni della tragedia ed irritata con i principi che litigano, biasima gli oracoli e difende Edipo, colto dai primi sospetti. L'Orchestre de la Suisse Romande è diretta da Neeme Jarvi.



lunedì 15 giugno 2009

Personaggi - 1 - Gilbert Kaplan

Ebbene sì, lo ammetto: invidio Gilbert Kaplan.
Io, povero tapino completamente digiuno di erudizione musicale ma colto già da giovane da questa passionaccia per la musica sinfonica, io che, al massimo, mi sono concesso il vezzo di far volteggiare nell'aria la mia bacchetta immaginaria e di dare vita e ritmo alle note che lo stereo docilmente proponeva ai miei scomposti sdilinquimenti.
Questo mi era concesso per placare quel desiderio subliminale di protagonismo e partecipazione e tanto mi bastava; troppo poco però per le ambizioni di un Gilbert Kaplan.
Questi, dopo aver fondato un giornale finanziario nel 1965 ed essersi ritrovato milionario grazie ai proventi di questa attività ed a fortunate operazioni azionarie, ad un tratto si è scoperto fanatico paladino della musica di Gustav Mahler e, ancor più in particolare, della sua seconda sinfonia “Resurrezione”, che, con il passare degli anni, sarebbe poi diventata per lui quasi un’ossessione. Non sapendo leggere la musica, non si è perso d'animo ed avendo la vetta della "Resurrezione" come obiettivo, si è "concesso" un programma intensivo di lezioni private di musica e di direzione, affidandosi a musicisti del calibro di Bernstein, Solti e Slatkin, divi della bacchetta che i comuni mortali a stento riuscirebbero anche solo ad avvicinare. Con un viatico così promettente, la prima tappa dell'ascesa non poteva essere distante; nel 1982 eccolo raggiungere il suo primo incredibile obiettivo: affittare il Lincoln Center a N.Y., pagare un’intera orchestra (la American Symphony Orchestra) e dirigere per la prima volta la sinfonia dei suoi sogni, sfruttando l'occasione di un convegno per garantirsi un pubblico di perplessi economisti. Ma che Kaplan non fosse un dilettante qualsiasi lo si è compreso appieno quando ha iniziato a girare il mondo, dirigendo le più importanti orchestre (in Italia capitò alla Filarmonica della Scala nel 1992) ed incidendo per ben due volte il suo unico pezzo in repertorio: manco a dirlo, la "Resurrezione".
Certo, la favola non è sempre filata via senza scossoni; ad esempio, a fine 2008 sul blog di uno strumentista della New York Philharmonic sono comparsi giudizi assai poco lusinghieri su talento e tecnica del magnate col vizio della bacchetta. Ma poi tutto si è appianato, anche perchè Kaplan, continuando ad attingere con generosità alla propria fortuna milionaria per sponsorizzare in vario modo importanti orchestre del Nord America, fornisce più di uno spunto a critici ed addetti ai lavori affinchè questi ammorbidiscano i giudizi da esprimere sul suo operato direttoriale. Provateci comunque anche voi, ascoltando due estratti dalla sua registrazione del 1988 con la London Symphony Orchestra, uscita in doppio cd per le etichette indipendenti Img Classic e Conifer. Manco a dirlo, anche l'esperienza discografica non ha saputo sottrarsi a questo destino extralarge: con le sue 180.000 copie vendute, questa sua opera prima ha infatti battuto - in termini di vendite - la concorrenza degli stessi mostri sacri suoi maestri ed anche quella di tutti gli altri, con tanto di diplomi e carriere costruite pazientemente, pezzo per pezzo. Ma si sa, le favole esigono sempre il lieto fine.

Di seguito, il terzo movimento (Scherzo) In Ruhiger Fliessender Bewegung



La "coda" del finale, con le soliste Benita Valente e Maureen Forrester, col contributo del BBC Welsh Chorus.

sabato 13 giugno 2009

Stelle e strisce - 1 - Samuel Barber

Gli Stati Uniti d'America, occupati com'erano a dare alla luce molteplici forme d'espressione musicale quali jazz, country, gospel, rock and roll, rap e via discorrendo, hanno faticato più del dovuto a portare alla ribalta della scena internazionale autori ed esecutori attivi nel campo della musica classica e sinfonica. Sintomatico in tal senso lo stand-by di cui si sono rese protagoniste le istituzioni musicali del Nord America, che nell'affidarsi sin dagli esordi e fino agli anni '60 alle cure di grandi europei transfughi, hanno di fatto ritardato di decenni il processo di maturazione di una propria tradizione interpretativa e manageriale. Con questi presupposti, risultava certo problematica anche l'ascesa di astri nel firmamento compositivo. Unica radiosa eccezione risulta rappresentata dalla stella di George Gershwin, personaggio che oggi si definirebbe "trasversale" per la sua straordinaria capacità di coniugare il verbo della musica nera con quello della musica bianca di più antica tradizione; per l'esordio effettivo della musica seria americana occorrerà attendere l'avvento del protagonista degli odierni assaggi d'ascolto: Samuel Barber.

Nato nel 1910 in Pennsylvania, iniziò a comporre ancora bambino, perfezionando i propri studi a Roma grazie ad una borsa di studio. Sin dai precoci esordi e fino alla sua scomparsa (1981), Barber utilizzò uno stile compositivo relativamente tradizionale, lontano dallo sperimentalismo di alcuni compositori americani della sua generazione.
La sua fama risulta tuttora principalmente riconducibile all'Adagio per archi, accolto con grande favore sin dall'epoca della sua composizione (1938), ma portato al successo mondiale nel corso degli anni '80 grazie al cinema, che se ne appropriò, sottolineando con le sue note i momenti più toccanti dei film The Elephant Man di David Lynch e Platoon di Oliver Stone.

Esemplare del senso quasi lussureggiante della melodia in Barber è questo terzo tempo della Prima sinfonia (1936), che, succedendosi ai precedenti senza soluzione di continuità, porta la composizione al suo solenne epilogo. Lo ascoltiamo nell'interpretazione della Royal Scottish National Orchestra diretta da una donna americana, specchio dei tempi che (finalmente) cambiano: Marin Alsop.



Nella produzione orchestrale di Barber un posto preminente viene occupato dai tre "Essays", composti in diverse epoche (1937-42-78), ma aventi strutture piuttosto simili, in cui trovano posto momenti di intenso lirismo, così come fugaci sezioni di scherzo. Ascoltiamo l'Essay n. 2 (1942) in una registrazione dei ruggenti anni '70; la London Symphony Orchestra è diretta da David Measham.



Barber aveva solo 23 anni quando scrisse "Music for a scene from Shelley" (1933). Per commentarlo, mi ripeterei inutilmente. Meglio ascoltarlo, nella migliore esecuzione che io conosca: lo specialista Andrew Schenk a capo della New Zealand Symphony Orchestra.

giovedì 11 giugno 2009

Baltici - 1 - Krzysztof Penderecki

Con questo post avvio le mie proposte di ascolti "non convenzionali", che mi auguro possano riservare piacevoli sorprese a chi si accosterà a questo blog. Più per sfizio che per effettiva necessità, avrei pensato di incasellare via via queste nuove proposte, inserendole nel rispettivo album di riferimento, intitolato alle varie aree geografico-culturali di provenienza dei compositori che vado ad "introdurre". In quest'ottica, a stabilire una qualche continuità col precedente post, rimango nel freddo del Nord Europa, aprendo l'album dedicato ai paesi baltici, che tanti personaggi di spicco hanno dato nella seconda metà del secolo appena conclusosi.
Dal versante sud del Baltico arriva uno dei nomi più internazionalmente noti, quello di Krzysztof Penderecki, polacco di Cracovia, nato nel 1933 e tuttora vivo ed attivo. Nelle mie intenzioni, in questo blog le tanto abusate parole dovrebbero lasciare spazio ai suoni, quindi vi lascio agli assaggi d'ascolto che avrei scelto per approcciare la produzione sinfonica di Penderecki.
Attivo nella musica d'avanguardia agli esordi della carriera, P. scoprì tardivamente il genere sinfonico, quantomeno nella sua dimensione più compiuta, la sinfonia appunto. Ascoltate quindi i movimenti 2 (Allegro con brio) e 3 (Adagio) della terza sinfonia (1988-95), in cui l'autore rende un evidente tributo alla storia del sinfonismo novecentesco ed al suo principale interprete, Dmitri Shostakovich. Antoni Wit dirige l'Orchestra della Radio Nazionale polacca.





Più personale la sinfonia-oratorio intitolata a "Le sette porte di Gerusalemme", cui nel 1997 l'autore attribuì il settimo numero del proprio catalogo di sinfonie; di questa composizione propongo l'ascolto del quarto numero "Si oblitus fuero tui, Jerusalem". Kazimierz Kord alla testa di orchestra e coro della Filarmonica di Varsavia.

lunedì 8 giugno 2009

Ricorrenze - 1 - Carl Nielsen

Mi permetto una veloce scorribanda sul versante dell'"accadde oggi", ispirato dal caso, che ha voluto che giusto oggi buttassi un occhio inconsapevole alla biografia di Carl Nielsen, grande sinfonista danese, contemporaneo di quel Mahler con cui ho aperto le danze, e che scoprissi così la sua data di nascita, coincidente proprio col 9 giugno, anno del Signore 1865.
Nielsen, pur essendo universalmente riconosciuto come il maggior musicista danese di tutti i tempi, vede principalmente confinata la sua fama al Nord Europa ed agli U.S.A.; nei cartelloni delle stagioni concertistiche italiche risulta ancora pressochè inesistente, malgrado una sua comunque crescente fortuna discografica, legata alle integrali sinfoniche di alcune bacchette della penultima generazione (mi vengono in mente Salonen, Saraste, Vanska, oltre al più attempato Blomstedt, che ha al suo attivo addirittura due integrali). Anche Neeme Jarvi ha pubblicato negli anni '90 per la DG un'integrale di ottimo livello; proprio a lui mi affido per il doppio ascolto nielseniano prescelto, la "Marcia Orientale" e la "Danza dei guerrieri neri", numeri che rispettivamente aprono e chiudono la suite dalle musiche di scena per la commedia "Aladdin"del conterraneo Oehlenschlæger.
La registrazione risale al 2006 ed è ripresa dai boschi del berlinese Waldbühne in occasione del tradizionale concerto di benvenuto all'estate. Ad eseguire questa musica di inusuale ispirazione esotica sono proprio loro, i Berliner Philharmoniker. Buon ascolto.




Si comincia (stavolta sul serio)

Il mio primo post nell'universo blog non poteva non omaggiare il compositore che più di tutti ha contribuito ad irrobustire la mia passione per la musica, ossia Gustav Mahler.

Basta affidarsi a qualsiasi motore di ricerca per rendersi conto di quanto tumultuosamente sia cresciuta la popolarità di questo musicista, per cui non pretendo certo di aggiungere alcunchè al riguardo. Spigolando qua e là, qualche cono d'ombra sembrerebbe comunque permanere ed in quella direzione cercherò di rivolgere la mia attenzione.

Per esempio, forse perchè rimasti orfani dell'orchestrazione doc del proprio creatore, restano piuttosto misconosciuti i cosiddetti "Lieder und Gesaenge aus der Jugendzeit" ("Canti e melodie dei tempi della giovinezza"), affidati da un Mahler non ancora trentenne ai soli mezzi rappresentati dalla voce umana accompagnata dal pianoforte. Ci pensò Luciano Berio nel 1986 ad orchestrare cinque di questi lieder (altri sei li orchestrò l'anno successivo), utilizzando una paletta orchestrale molto rispettosa dei timbri e dei colori usuali per il maestro di Kalischt. La mia preferenza incondizionata va al lieder intitolato "Nicht wiedersehen" (grosso modo corrisponde all'italico "A non rivederci"), che propongo quest'oggi all'ascolto in questa versione visuale da me preparata. In questa versione però, registrata nel 1985, l'orchestrazione la si deve al direttore ed orchestratore americano Harold Byrns (ancora più sobria di quella elaborata successivamente da Berio). La voce è quella del baritono Bernd Weikl. Dirige la Philhamonia Orchestra Giuseppe Sinopoli; la traduzione dei versi dal tedesco è quella di Quirino Principe.



venerdì 5 giugno 2009

Si comincia!!!

Eccolo qui, direte voi, un altro che crede di avere qualcosa da dire e che piazza la sua barchetta di carta nel bel mezzo dell'oceano dei blogger.

A questa "eroica" decisione non ci arrivo da novizio del web; il fatto è che, dopo una frequentazione di oltre otto anni dell'universo dei newsgroups, mi scopro ributtato a riva e deciso a trovarmi una nuova dimensione. Che sia blog, dunque, senza uno schema preciso e preventivo.

La protagonista è comunque scelta e regnerà incontrastata: la musica.

Quella sinfonica, principalmente, perché è là che batte più forte il cuore; ma non mancheranno incursioni in altri generi, anche grazie al contributo che, mi auguro, potrà arrivare da coloro che benignamente riterranno di perdere tempo appresso alle mie divagazioni. In ogni caso rivolgo sin d'ora un grazie al mio silenzioso pubblico, fiducioso che possa alla fine "darmi ascolto", magari una volta al giorno.