mercoledì 24 giugno 2009

Lontano da casa - 1 - Ferruccio Busoni

Riservo a Busoni la copertina di un nuovo filone di interventi, dedicato a quei musicisti che, per scelta o più spesso per necessità, hanno dovuto proseguire la propria attività in una nuova patria, lontana dalle proprie radici natali.
Ferruccio Busoni, nato ad Empoli nel 1866 da madre triestina per metà tedesca e da padre italiano, l'una pianista e l'altro clarinettista, fu avviato agli studi musicali molto presto, divenendo pianista di grande fama già in patria; l'attività di composizione restava però la prediletta, ma anche la più avara di successi. In cerca di nuovi stimoli e riconoscimenti, iniziò a girare il mondo ricoprendo incarichi di insegnamento a Vienna, Lipsia, Helsinki, per approdare al conservatorio di Mosca nel 1890 e quindi a Boston l'anno successivo. L'autentica svolta intervenne però nel 1894 quando, abbandonato l'insegnamento, si stabilì a Berlino, eletta a città d'adozione. Il temporaneo rientro in Italia, con l'incarico di direttore del Conservatorio Giovanni Battista Martini di Bologna, coincise con un'ulteriore cocente delusione, in quanto la disorganizzazione totale del conservatorio e l'arretratezza culturale che sperimentò lo indusse a chiudere precocemente l'esperienza. Per sfuggire alle insidie della prima guerra mondiale, scelse di trasferirsi a Zurigo. Fu questo un periodo proficuo, in cui fece amicizia con il pittore Umberto Boccioni. Terminato il conflitto, Busoni, seppur incerto sull'opportunità di un suo rientro a Berlino, vista la situazione politica che andava delineandosi, venne convinto in tal senso dall'offerta di una classe di composizione da parte di Leo Kestenberg (già suo allievo di pianoforte, divenuto esponente di spicco fra gli intellettuali della Repubblica di Weimar) oltre che dall'immane esigenza di riappropriarsi della sua casa, in cui si trovavano custoditi i preziosi quadri e libri da lui collezionati nel corso degli anni. Berlino divenne così la sua dimora definitiva, sino alla morte avvenuta nel 1924.
Il suo amore per l'Italia non venne mai rinnegato, come attesta quanto scritto nella lettera all'amico Arrigo Serato, risalente al giugno 1920, di cui riporto un breve brano:
Finora, per diverse ragioni, l'avevo negletta [la Germania], per non dire evitata. Non voglio tediarti con l'enumerare le tante forme di simpatia, d'impazienza, di rimprovero, di fiducia con le quali mi si esorta a rivenire. E non ci si ferma a parole; mi si offre la scelta di qualunque posizione o intrapresa ch'io proponga o desideri. In primo luogo un posto all'Accademia dello Stato, per la suprema classe di Composizione, posizione di prima autorità, indipendente da qualunque superiore e da ogni prescrizione. Se una cosa simile fosse avvenuta a Roma, non avrei indugiato un secondo a decidermi.

Busoni compositore viene associato con maggiore frequenza alla musica scritta per il teatro (solo quattro opere in verità: Die Brautwall (La sposa sorteggiata), Turandot, Arlecchino e l'incompiuta Doktor Faust) ed a quella per pianoforte, cui deve tuttora la sua fama, caratterizzata da un felice connubio tra il rigore derivantegli dallo studio approfondito di Bach e la padronanza della tecnica trascendentale lisztiana.
La sua opera sinfonica più nota resta il monumentale "Concerto per pianoforte, orchestra e coro maschile op. 39"(1905), opera fuori dagli schemi con i suoi cinque movimenti e decisamente di difficile approccio, sia per l'arditezza della scrittura pianistica, sia per la sua lunghezza, vicina ai settanta minuti complessivi. Qui Busoni strizza l'occhio alla tradizione della musica popolare del proprio paese d'origine, coniugando i ritmi di tarantella con l'esuberanza della "Bella Gigogin".
Ascoltiamo questo movimento, il quarto dei cinque previsti dalla partitura, nella interpretazione dei coniugi Rozhdestvensky: Viktoria Postnikova al pianoforte, il marito Gennady sul podio dell'Orchestre National de France.



Tanzwalzer op. 53, composto nel settembre 1920 subito dopo il ritorno a Berlino, chiude la serie, non nutrita invero, delle composizioni per orchestra di Busoni. Seppure l'autore ne attribuisse la suggestione alle note di Johann Strauss Jr., l'ascolto di questo brano non può non riportare alla memoria le movenze di valzer dello Strauss di Baviera.



Solo orchestrale anche la Zweite Orchestersuite op. 34a, composta nel 1895 e poi rielaborata nel 1903, portante il curioso sottotitolo Geharnischte Suite (Suite corazzata), una sorta di risposta alla straussiana «vita d'eroe», divisa in quattro movimenti dai titoli battaglieri («Introduzione», «Danza di guerra», «Epitaffio» e «Assalto»), anche troppo battaglieri rispetto a quanto evocato dalla musica. L'Assalto finale è quello che, con i suoi ritmi energici e l'incisiva orchestrazione, si merita la menzione e la lode. Anche qui, come nel brano precedente, la BBC Philharmonic Orchestra è diretta da Neeme Jarvi.

5 commenti:

  1. Buon giorno.
    Ecco un musicista per cui ho rispetto ma non mi entusiasma. Probabilmente per scarsa conoscenza.
    Il tema del "lontano da casa" che associ al Busoni invece è molto intrigante. A parte le "lontananze" interiori (come non pensare alla dichiarazione di triplice estraneità di Mahler, al suo Lied "Ich bin der Welt abhangen gekommen": se non ne è una dichairazione questa!) mi vengono in mente in rapida successione Stravinskij, Rachmaninoff, Prokofiev, Bartok - in una parte della sua vita - Schoenberg in America, i tanti musicisti ebrei mandati in campo di sterminio (che crearono anche lì opere importanti)... Nel caso di Busoni la scelta non fu obbligata, ma piuttosto di elezione, mentre alcuni suoi colleghi più giovani furono costretti ad abbandonare paesi in cui le condizioni politiche ne minacciavano la creatività e poi, anche, la stessa esistenza.
    Grazie per el proporste di ascolto

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  2. Il Concerto per piano forse meriterebbe una maggiore presenza nelle stagioni concertistiche. Mi è capitato solo due volte di averlo ascoltato dal vivo: la più recente in una delle prime stagioni dell'OSN Rai, quando direttore artistico era un "busoniano" come il compianto Sergio Sablich, con Bruno Canino al piano e, se non erro, Frank Shipway sul podio. La precedente risale a molti anni fa (35) a Bologna, al piano John Ogdon, non ricordo il direttore (forse Zoltan Pesko).

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  3. Per Mario:
    hai ben compreso quello che era il mio obiettivo; da un lato raccontare una storia, dall'altro mostrare quanto una diversa situazione ambientale, politica e culturale finisca per influenzare anche gli esiti artistici del "transumante" di turno. Per le prossime "uscite" avevo in testa altri nomi rispetto a quelli che hai elencato, ma terrò dovuto conto dei validi suggerimenti.

    Per Roberto:
    l'impianto del Concerto per piano è davvero impressionante e la scrittura per il pianoforte richiede doti non comuni, anche di resistenza, vista la durata e la "fisicità" che richiede all'esecutore. Io non ho mai avuto occasione di vederne esecuzioni dal vivo, per cui ti invidio per le due volte "sole" in cui ti è toccata l'esperienza. Giusta l'accoppiata Canino-Shipway, risalente al 1995; non è che con Ogdon ci fosse invece Bellugi, come nella registrazione EMI?

    Grazie ad entrambi per l'interesse mostrato; spero di poterlo stuzzicare ancora in futuro. S.

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  4. Con la testardaggine che mi caratterizza :-), almeno in queste cose, sono riuscito a individuare il direttore partner di Ogdon: era Michael Gielen e il concerto al Comunale di Bologna era del 27 ottobre 1974. Se il lasso di tempo può giustificare la "rimozione", invece mi duole davvero di aver dimenticato un grande (almeno secondo me) come Gielen, anche perché credo che sia stata l'unica volta che lo ha ascoltato dal vivo. Ciao

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  5. Complimenti per la cocciutaggine, senza la quale anche queste righe di impegno (quasi) quotidiano non vedrebbero la luce.
    In effetti, se ricordo bene, Gielen negli anni settanta era spesso in visita dalle nostre parti, RAI compresa, peccato se ne siano poi perse le tracce. Condivido appieno il tuo giudizio sulle capacità di questo maestro, cui si deve - tra l'altro - un'integrale delle sinfonie mahleriane di assoluto valore. A presto, S.

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